Dal deserto di Atacama un appello per prestare maggior cura ai nostri abiti

Dal deserto di Atacama un appello per prestare maggior cura ai nostri abiti

Dal deserto di Atacama un appello per prestare maggior cura ai nostri abiti


La sostenibilità può iniziare da dentro l’armadio. Una vera scelta green, che potremmo fare tutti quanti, senza alcun sforzo, dovrebbe infatti partire da lì: dagli abiti che già abbiamo, e che spesso, purtroppo ci dimentichiamo di avere. Abiti comprati d’impulso perché volevamo qualcosa di nuovo per un appuntamento importante, o perché ci sembrava un affare imperdibile.

Se facessimo un veloce confronto tra gli appendini e dentro ai cassetti ci accorgeremmo che abbiamo già tutti gli abiti di cui abbiamo bisogno per qualsiasi impegno, e che prendendoci cura di quello che già abbiamo i nostri vestiti durerebbero di più.

I calcoli più impressionanti li ha fatti uno studio commissionato da Electrolux. Ci sono numeri da cui partire: il 90 % degli vestiti viene buttato via prima del tempo, meno dell’uno % viene riciclato, il 73 % viene bruciato o gettato in discarica. E c’è un’immagine che rimane impressa: quella del deserto Atacama, in Sudamerica, tra il Perù meridionale e il Cile settentrionale. Qui, ogni anno, arrivano circa 39mila tonnellate di vestiti usati o addirittura mai indossati. Un deposito di abiti usati a cielo aperto.

Una realtà che ha portato Electrolux a fare una scelta importante: ha chiesto a Josephine Bergqvist e Livia Schück, le due designer svedesi di Rave Review – brand di riferimento per la moda sostenibile (i loro abiti sono apparsi su Vogue, GucciFest, hanno vinto premi e le loro collezioni sono state indossate da Kylie Jenner ed Emma Watson) – di creare una collezione utilizzando i vestiti abbandonati dai consumatori. Per dimostrare che un abito usato ha ancora molto da dire e da far vivere a chi lo indossa. Una collezione che non sarà in vendita ma che rende evidente un concetto a cui Electrolux tiene molto.

“Sappiamo che estendendo la vita dei nostri vestiti anche solo di nove mesi possiamo ridurre la nostra impronta sull’ambiente: sia in termini di co2, di acqua che di rifiuti prodotti del 20-30 %. Ci sono diversi modi per farlo: riparando un abito invece di buttarlo subito, riciclarlo, ma anche arieggiando, stirando e lavando gli abiti in modo sostenibile” ha commentato Vanessa Butani, VP Group Sustainability in Electrolux.

Da parte nostra, per essere consumatori attenti all’ambiente, dovremmo per prima cosa rompere gli schemi. Quelli con cui siamo cresciuti e che siamo abituati ad utilizzare: dal dare poco peso ad un acquisto d’impulso o alla cura di un capo che già abbiamo. La ricerca della sostenibilità dovremmo iniziarla a partire dai nostri armadi.

Break the Pattern è il nome della campagna promossa da Electrolux per sensibilizzare i consumatori ad avere un nuovo punto di vista sugli abiti che scegliamo di comprare e di indossare. Perché è evidente che un capo non può essere utilizzato solo dieci volte nella vita.

Ma deve cambiare anche il modo in cui dobbiamo prendercene cura: utilizzando lavaggi più corti, meno acqua, consumando meno energia. I tempi sono cambiati, quello che deve cambiare è anche il nostro modo di fare. Scegliendo in modo attivo, come prenderci cura dei nostri abiti, decidiamo di prenderci anche cura dell’ambiente e del mondo in cui viviamo. Serve un cambio di stile, di filosofia, di modo di vivere. Solo così si potranno avere dei risultati concreti anche per le future generazioni.

Electrolux guida questa svolta ponendosi come obiettivo di raddoppiare la durata di un abito e dimezzare l’impatto sull’ambiente dei suoi prodotti entro il 2030. Allungando la vita ai vestiti che abbiamo, riusciremmo a ridurre in soli 9 mesi l’impatto climatico del 20/30 %, considerando sia il risparmio di acqua che la riduzione dei rifiuti che invece andremmo a produrre.

È evidente che questo comporta un nuovo modo di fare il bucato, una scelta attenta degli elettrodomestici con cui ci prendiamo cura dei nostri capi. È sulla lavatrice che si può fare la differenza. The True About The Laundry è un report che ha evidenziato come ci siano ancora miti da sfatare. Ad esempio quello sulla temperatura dell’acqua in cui impostiamo il lavaggio: 2 persone su 3 scelgono in automatico 40 gradi, perché – spiega l’indagine – si ha sempre paura che il lavaggio a bassa temperatura non sia efficace. Eppure nuovi studi dimostrano che riducendo la temperatura da 40 a 30 gradi si potrebbero risparmiare 27.2 kg CO2 all’anno senza compromettere il risultato del lavaggio.

Anche il detersivo conta: passando da quello in polvere a quello liquido, e considerando i 30 gradi come temperatura del lavaggio il risparmio di CO2 all’anno sarebbe pari a 50kg. Un’altra svolta green sarebbe quella di ridurre il numero di lavaggi: molte persone hanno ammesso di lavare spesso i loro capi solo per il profumo del bucato, non perché ci fosse una reale necessità di pulirli.

https://www.youtube.com/watch?v=b0s32Amlptw

C’è un ultimo dato da ricordare a tal proposito: il 25 % dell’impronta che un abito lascia sull’ambiente è quella relativa il modo in cui ce ne prendiamo cura. Se vogliamo essere davvero sostenibili, non possiamo non tenerne conto.

Per conoscere meglio le politiche ambientali seguite da Electrolux, l’impegno dell’azienda per rendere più sostenibile il mondo del fashion, si può visitare il sito di riferimento: electrolux.com/breakthepattern 



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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-09-09 09:33:43 ,

www.repubblica.it

[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-09-09 09:33:43 ,
Il post dal titolo: Dal deserto di Atacama un appello per prestare maggior cura ai nostri abiti scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-09-09 09:33:43 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue

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